Una cosa è sicura, se Toma non dice le bugie, allora vuol dire che ha la memoria corta, anzi cortissima. Parliamo del tema del giorno, la guerra che ha scatenato contro gli operatori privati della sanità, che suppliscono spesso, con i loro servizi alle carenze degli ospedali pubblici. Insomma strutture che integrano un’offerta sanitaria che, senza la loro attività, sarebbe incompleta, soprattutto in servizi salva vita, come la radioterapia oncologica, la cardiochirurgia e la neurochirurgia. In sostanza una guerra che sembra avere come obiettivo i privati, ma che si riflette negativamente sul diritto alla salute degli utenti, dei molisani. Oggi infatti Toma sostiene che: “L’obiettivo è quello di far funzionare la sanità pubblica in via prioritaria ed è chiaro che si permettono le prestazioni extraregionali solo se rimangono risorse, dopo aver esaurito la capienza necessaria per le prestazioni regionali. L’extrabudget dei privati a piacimento non è possibile, e la norma non consente di autorizzarlo”. Queste le dichiarazioni di Toma a Primonumero il 14 gennaio scorso. Peccato che nel novembre 2020, avesse detto tutto l’opposto. In una lettera a sua firma, inviata al governo, sosteneva l’esatto contrario. Vediamone qualche passaggio:
“Il Molise, nonostante le sue piccole dimensioni, che incidono in modo negativo sulla possibilità di una rete assistenziale rispondente alle legittime esigenze della popolazione, ha la fortuna di avere nel proprio territorio due eccellenze sanitarie di rilevanza interregionale e da sempre meta di pazienti provenienti da altre regioni: l’Iirccs Neuromed e la Gemelli Molise Spa”
E ancora scriveva Toma:
“Le due eccellenze ci consentono di recuperare in sede di compensazione, mediante la mobilità attiva da loro prodotta, il deficit generato dalla mobilità passiva in “progressivo incremento nel corso degli ultimi cinque anni”.
E infine:
“L’’imposizione di un volume massimo delle prestazioni erogabili ai pazienti di altre regioni non determina alcun risparmio di spesa per il sistema sanitario regionale posto che i relativi costi, all’esito della compensazione intraregionale, graverebbero sulle regioni di provenienza dei singoli pazienti”.
Allora ci chiediamo noi e si chiedono i molisani: perché Toma ha cambiato idea, perché se i pazienti che vengono a curarsi in Molise producono introiti per le casse della Regione, oggi vuole impedirlo con i tetti di spesa?
Una manovra incomprensibile per una regione che vede la sua mobilità passiva andare verso i cento milioni del 2022. Perché impedire ai non molisani di venire a curarsi da noi, visto che i rimborsi delle loro regioni abbatterebbero il nostro deficit?
Cosa c’è sotto?
E’ solo una questione contabile, o c’è qualcos’altro?
Fontana, presidente della regione Lombardia, che sembra Toma di due anni fa, ha detto a Rete4: “Porte aperte da parte della sanità lombarda agli ammalati delle altre regioni che scelgono di curarsi da noi”. Fontana conferma che la Lombardia non farà questioni di budget ed extrabudget, ospitando sempre coloro che vogliono venirsi a curare nei suoi ospedali, una questione che in Lombardia è anche business del territorio.