VENAFRO. Secondo Anna Ferreri l’appalto per la mensa scolastica si concluderà con lo stesso iter di quello seguito dalla Palazzina Liberty e dalla palestra comunale (affidamento in gestione), cioé con un ricorso. Insomma, la capogruppo del gruppo misto consiliare è convinta che il bando così come è stato scritto comporterà una coda poco piacevole per il Comune. Quindi, la Ferreri si è chiesta se “l’amministrazione comunale le sbaglia proprio tutte” in sostanza per impreparazione oppure per altri motivi. “Il bando di gara nonché il capitolato speciale d’appalto per l’affidamento del servizio mensa contengono una miriade di clausole a valenza ‘escludente’ che per il loro contenuto ostativo impediscono ex ante la partecipazione alla gara”.
Entrando dunque nello specifico, la consigliera di minoranza segnala per prima la clausola “prevista al punto S) del disciplinare di gara che recita: ‘dichiara di avere la disponibilità, a titolo di proprietà o contratto di locazione, regolarmente registrato alla data di pubblicazione del bando di gara, del centro cottura…’.Perché alla data di pubblicazione del bando? Non occorrono molte parole per descrivere i numerosi ed evidenti vantaggi che una tale clausola escludente offre ed il ricorso alla stessa si traduce in un vero e proprio abuso per almeno tre ragioni: a) viola il principio della ‘parità delle armi’ fra soggetti potenzialmente coinvolti nell’eventuale contenzioso (la clausola deve essere immediatamente impugnata rappresentando ex se fattore impeditivo alla partecipazione); b) viola il principio del favor participationis; c) permette, di fatto, all’amministrazione di confezionare bandi ricorso-resistenti”.Dal punto di vista politico-amministrativo, Anna Ferreri non si spiega quale sia “la ratio di richiedere il suddetto requisito alla data di pubblicazione del bando e non invece al momento della presentazione delle offerte. E’ pacifico, invero, che nella procedura aperta – come quella nel caso di specie – il momento in cui i requisiti di partecipazione devono essere posseduti dai concorrenti è quello della presentazione delle offerte e non quello della pubblicazione del bando. Perché – incalza quindi la Ferreri – restringere così il campo dei concorrenti?”.In questo modo, sempre secondo la consigliera, che poi è anche avvocato pertanto conosce bene la materia, l’amministrazione comunale potrebbe alterare “il corretto confronto competitivo”. La cosa “più grave è che su vari giornali i cittadini venivano rassicurati dal fatto che al bando avevano lavorato amministratori competenti”. Così come è confezionato, invece, secondo l’esponente del gruppo misto, “fioccheranno altri ricorsi e la storia si ripete a danno dei cittadini”.
L’unica via d’uscita, a questo punto, ed è quella che suggerisce la Ferreri sarebbe “porre rimedio in sede di autotutela. E sempre in tale sede elimini anche lo scempio dell’articolo 26 del capitolato speciale d’appalto che pone una condizione di improcedibilità della domanda.
Tale clausola è nulla perché viola il principio contenuto nell’articolo 24 della Costituzione in forza del quale esula dai poteri delle parti individuare condizionamenti o impedimenti all’esercizio dell’azione in giudizio, fuori dai casi espressamente previsti dalla legge”.
Insomma, un appalto ad avviso della minoranza ‘viziato’ che potrebbe concludersi con un nulla di fatto ed una cosa giudiziaria-amministrativa oltre che politica, con tutte le conseguenze del caso. Ricordiamo che il bando – il primo predisposto dopo anni di proroghe – prevede l’aggiudicazione del servizio mensa scolastica per il prossimo triennio. Oltre 100 mila pasti da preparare e servire per un importo complessivo presunto di 376 mila euro.
Entrando dunque nello specifico, la consigliera di minoranza segnala per prima la clausola “prevista al punto S) del disciplinare di gara che recita: ‘dichiara di avere la disponibilità, a titolo di proprietà o contratto di locazione, regolarmente registrato alla data di pubblicazione del bando di gara, del centro cottura…’.Perché alla data di pubblicazione del bando? Non occorrono molte parole per descrivere i numerosi ed evidenti vantaggi che una tale clausola escludente offre ed il ricorso alla stessa si traduce in un vero e proprio abuso per almeno tre ragioni: a) viola il principio della ‘parità delle armi’ fra soggetti potenzialmente coinvolti nell’eventuale contenzioso (la clausola deve essere immediatamente impugnata rappresentando ex se fattore impeditivo alla partecipazione); b) viola il principio del favor participationis; c) permette, di fatto, all’amministrazione di confezionare bandi ricorso-resistenti”.Dal punto di vista politico-amministrativo, Anna Ferreri non si spiega quale sia “la ratio di richiedere il suddetto requisito alla data di pubblicazione del bando e non invece al momento della presentazione delle offerte. E’ pacifico, invero, che nella procedura aperta – come quella nel caso di specie – il momento in cui i requisiti di partecipazione devono essere posseduti dai concorrenti è quello della presentazione delle offerte e non quello della pubblicazione del bando. Perché – incalza quindi la Ferreri – restringere così il campo dei concorrenti?”.In questo modo, sempre secondo la consigliera, che poi è anche avvocato pertanto conosce bene la materia, l’amministrazione comunale potrebbe alterare “il corretto confronto competitivo”. La cosa “più grave è che su vari giornali i cittadini venivano rassicurati dal fatto che al bando avevano lavorato amministratori competenti”. Così come è confezionato, invece, secondo l’esponente del gruppo misto, “fioccheranno altri ricorsi e la storia si ripete a danno dei cittadini”.
L’unica via d’uscita, a questo punto, ed è quella che suggerisce la Ferreri sarebbe “porre rimedio in sede di autotutela. E sempre in tale sede elimini anche lo scempio dell’articolo 26 del capitolato speciale d’appalto che pone una condizione di improcedibilità della domanda.
Tale clausola è nulla perché viola il principio contenuto nell’articolo 24 della Costituzione in forza del quale esula dai poteri delle parti individuare condizionamenti o impedimenti all’esercizio dell’azione in giudizio, fuori dai casi espressamente previsti dalla legge”.
Insomma, un appalto ad avviso della minoranza ‘viziato’ che potrebbe concludersi con un nulla di fatto ed una cosa giudiziaria-amministrativa oltre che politica, con tutte le conseguenze del caso. Ricordiamo che il bando – il primo predisposto dopo anni di proroghe – prevede l’aggiudicazione del servizio mensa scolastica per il prossimo triennio. Oltre 100 mila pasti da preparare e servire per un importo complessivo presunto di 376 mila euro.
fonte: primopianomolise.it