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Flop del “fisco amico” di Renzi: tante lettere, pochi soldi recuperati
Flop del “fisco amico” di Renzi: tante lettere, pochi soldi recuperati
Il report – La strategia del governo contro i “controlli persecutori” ha portato solo 128 milioni (19 i miliardi accertati). Agenzia senza mezzi
di Luciano Cerasa
Il Fatto Quotidiano 5 ottobre 2017
Molti ricorderanno l’operazione “Fisco amico” o compliance per usare i termini anglosassoni con cui il governo Renzi tentava di darsi una vernice di credibilità, culminata nell’abolizione, ma solo del nome, di Equitalia. Non più controlli persecutori e procedure vessatorie: prima della cartella l’Agenzia delle Entrate ti manda una bella lettera. A un anno dall’annuncio quella che doveva rappresentare la svolta culturale e organizzativa del fisco italiano si è trasformata nell’ennesimo flop. A fronte di 403mila lettere di invito a regolarizzare la propria posizione, inviate nel 2016, il gettito è stato di 128 milioni di euro rispetto a 19 miliardi di accertato. Un po’ pochino. Ma anche con l’altro sistema, quello delle cartelle esattoriali, rottamate e non, i risultati storicamente languono. Su 817 miliardi affidati dal 2000 al 2016 a Equitalia ne sono riscuotibili al massimo 29 e nel 34% dei casi chi ha ricevuto l’avviso non aderisce né fa ricorso, ma nemmeno paga.
A mettere pazientemente insieme i tanti tasselli del puzzle sulla disastrosa gestione del contrasto all’evasione fiscale è stato questa volta il sostituto procuratore di Pistoia Fabio Di Vizio durante la rassegna InsolvenzFest organizzata dall’Osservatorio sulle crisi d’impresa. In 49 pagine di relazione il magistrato, esperto di diritto tributario, ha certificato il carattere di massa della fuga dall’Erario. Una pratica molto diffusa rispetto agli altri paesi europei semplicemente perché è molto conveniente. Nel marzo scorso il presidente della Commissione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva ha aggiornato il tax gap tra entrate tributarie e contributive e quanto effettivamente dovuto: nel 2014 ha toccato i 111,7 miliardi di euro. E la tendenza per gli anni successivi, in un clima di generale impunità creato dal patto apparentemente inossidabile tra decisori politici e grandi evasori, è in crescendo, soprattutto per quanto riguarda l’Iva.
Rinfrancati dalle direttive messianiche di Renzi e impossibilitati a fare altrimenti per mancanza di personale e mezzi, dopo l’invio delle lettere l’Amministrazione finanziaria ha tirato ulteriormente i remi in barca. Come denunciato dal Fatto, i controlli eseguiti sono in via di diminuzione da anni. Nel 2016 hanno interessato solo l’1,9 % del totale dei soggetti considerati. Inoltre dopo cinque anni dall’obbligo di elaborare liste selettive, nessun contribuente è stato selezionato attraverso lo strumento dell’Archivio dei rapporti finanziari quale soggetto a maggior rischio di evasione. Le risorse umane, dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha revocato il conferimento a funzionari della terza area degli incarichi dirigenziali, sono largamente insufficienti.
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